17 aprile 2011

"Habemus papam". Il confine del senso d'inadeguatezza

Quando il senso umano non si nasconde sotto la veste talare papale, forse ci si accorge dei paradossi. Habemus papam per la regia di Nanni Moretti ricorda al mondo il senso di smarrimento. Quella profonda sensazione di perdita, anche di se stessi di fronte ad una responsabilità più grande.
La concretezza di una scelta, quasi obbligata o così percepita, genera un'attacco di panico, un urlo che lascia sorridere la platea, forse perchè surreale, ma solo in apparenza. 
La Chiesa che dialoga con il pubblico di Moretti, si ricorda ciò che manca al mondo. Per cercare se stessa si immerge nei viaggi metropolitani fatti di paure di abbandono, di discorsi a voce alta. L'umanità impermea sin dalle prime scene una storia già vissuta. Solo sei anni fa dal sagrato di San Pietro una bara di fattura semplice, una Bibbia sfogliata dal vento, aveva lasciato un segno.
Dal Conclave arriva la decisione sancita diadevota fumata bianca. Ma ciò che sembra stabilito da una gerarchia, da una procedura, da regole precise, viene sovvertito dal normale senso di inadeguatezza che prova, almeno una sola volta nella vita, ogni essere umano.
L'ironia pungente di Moretti lascia il passo alla sensazione forte di credere che senza una guida, l'umanità prova  un profondo senso di smarrimento. Il popolo cattolico raccolto nella fatidica piazza di San Pietro attende, spera e non si aspetta che dal balcone che ha dato benedizioni a molte generazioni, possa giungere una dura consapevolezza per alcuni, una profonda liberazione per uno solo.

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