21 giugno 2012


Il segreto di Ofelia
Passo a due da teatro fisico

Quando l’esperimento teatrale conduce a trovare le parole mai scritte da Shakespeare, allora prendono vita le epistole mai recapitate da Ofelia al principe Amleto.
Sono 39 le lettere ideate da Steven Berkoff che danno fisicità allo spettacolo messo in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano.
Michela Lucenti e Maurizio Camilli sono i protagonisti di un’opera che diventa una nuova chiave introspettiva del sé. Non una semplice trasposizione della celebre opera del genio inglese ma una prova emotivamente fisica di due monadi che celano in sé la responsabilità dei ruoli nel non detto.
si elude cosi la contingenza di un dramma noto lasciando ad una scenografia essenziale, voluta da Alberto Favretto, la forza fisica del presente.
Prende vita così un dialogo a due, che spesso antepone una concreta distanza fisica tra gli attori. Proprio nell'incipit della piéce, il tonfo assordante di piattaforme metalliche scagliate a terra da Micheli ai piedi della Lucenti, introducono il tema di una profonda tensione emotiva.
Un’ancestrale distanza che vive di una forte attrazione. La tensione di genere che trova come substrato la vicenda del principe di Danimarca, per ricostruire il senso di un rapporto fatto di gesti contemporanei e di parole auliche.  Una sperimentazione che ha già toccato la scena del Teatro Due di Parma e il Teatro Cuminetti di Trento coniugando la drammaturgia sonora di Camilli e la scrittura fisica di Michela Lucenti. 

 

Ofelia e Amleto costruiscono una danza fatta di sesso e sentimento, di bugie e tradimenti. i due sembrano lasciarsi alle spalle gli intrighi di Elsinor. E così la sceneggiatura di Berkoff sposta il primo piano su un amore mai effettivamente scandagliato. Sotto la lente d’ingrandimento la corporeità di un duetto che gode della costanza della lucenti, dalla grintosa presenza scenica.
L'esercizio teatrale dell'autore rapisce i due protagonisti shakespeariani riempiendo il loro spazio umano. È così che lo spazio scenico diventa quasi claustrofobico, anelando a comprimersi in funzione di un crescendo emotivo, che non cessa mai di analizzarsi e comprendersi.
L'Ofelia impersonata dall'artista, già allieva di Pina Bausch, infatti, ha in sé un'apparente fragilità. L'attrice con la sua interpretazione regala così un ruolo da vera protagonista, da eroina consapevole, che attinge ad altre celebri figure del teatro shakespeariano.
Ofelia arriva a subire una violenza programmata, esasperata sulla scena dall’Amleto di Camilli che a volte patisce l'energica consapevolezza della Lucenti.
Una realizzazione convincente dunque, che a volte manifesta delle sensazioni embrionali, quasi una fase di metabolizzazione che andrebbe però perfezionata.

Luisa Bellissimo

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