28 aprile 2011

FACCIO UN SALTO ALL’AVANA


 
Una commedia leggera che racconta le vicissitudini di due fratello orfani, Vittorio e Fedele. Sin da bambini profondamente diversi i protagonisti sono impersonati rispettivamente da Francesco Pannofino e Enrico Brignano.
Una storia semplice che, senza particolari giochi di equivoci, si priva consapevolmente di scene di nudo e di volgarità, senza però lasciare spazio a particolari ilarità. Una commedia leggera che racconta la vita irreprensibile di Fedele, fratello devoto che vola all’Avana per riportarlo a Roma, dopo aver abbandonato la moglie e due figlie gemelle, Delfina e Ondina, fingendosi morto.
Mattatore incrostato l’attore romano Enrico Brignano, che nonostante la sua celebre ilarità,  nel contesto perde un po’ della sua fervida verve. Quasi decontestualizzato, sembra subire l’inserimento nel cast sacrificando una comicità che non ha più il suo charme di provincialismo intelligente.
Più sagace Pannofino sembra sentirsi a suo agio nel personaggio, senza comunque dare particolare slancio a Brignano, non diventandone mai spalla comica.
Più interessanti a volte, i fotogrammi in cui le protagoniste sono le due mogli dei fratelli, Laura e Annaclara Siniscalco rispettivamente interpretate da Paola Minaccioni e Virginia Raffaele.
Uno spaccato di una famiglia borghese romana fatto di paradossi non adeguatamente comici. È proprio la tipizzazione romanaccia dei personaggi che spesso riesce a dare slancio alle battute. Particolarmente gradevole la conversazione telefonica tra la Minaccioni e una donna cubana, durante l’inseguimento dei due fratelli in un mercato tipico. È proprio Brignano ad abbandonare i nervosismi da ovulazione impellente della moglie all’orecchio sconosciuto di una donna del posto.
Altrettanto gradevole il cast femminile tra cui la protagonista Aurora Cossio, nei panni di Alma. Alquanto credibile nella vicenda narrata, di bella presenza, pur allontanandosi dal cliche di molte commedie devote a figure femminili necessariamente nude.
Luisa Bellissimo

"Faccio un salto all'Avana". Il regista Baldi: “Al bando chiches da cinepanettone”

Da sinistra: Aurora Cossio, Francesco Pannofino e Enrico Brignano 

(http://www.medusa.it/film/53/faccio-un-salto-allavana.shtml)
                                                       


“Macchina  a spalla, senza cliches da cinepanettone”. In poche parole il regista Dario Baldi presenta il film in uscita nelle sale dal 22 aprile scorso “Faccio un salto all’Avana”.
Dopo la prima milanese, il figlio d’arte Baldi senza troppi fanatismi ed aspettative descrive la sua nuova commedia girata a Cuba. Senza donne nude ammiccanti, al di là della visione da cartolina turistica, con un cast per lo più femminile, il mattatore incontrastato della scena è Enrico Brignano assente alla presentazione perché impegnato nel tour che lo sta vedendo sulla scena, dopo il successo dello scorso anno, con “Sono romano ma non è colpa mia”.
Con simpatia intelligente, guest star della conferenza è il degno compagno del celebre attore romano sul set, Francesco Pannofino che interpreta Vittorio, fratello di Fedele. E proprio in questa occasione, si fa promotore delle uscite primaverili di commedie che non vogliono essere associate al mercato di cinepanettone e cinecocomero.
Sulla medesima traccia il regista Baldi:”Spero sia una nuova abitudine del pubblico andare al cinema in primavera per vedere storie che non riempiano solo le domeniche natalizie”. Bandito il nudo e le volgarità, il nuovo target sembra già etichettato.
Improvvisazione e libertà di creare: sono le chiavi dell’altra traccia, più volte ribadita, anche dalle altre protagoniste presenti alla conferenza stampa, ossia Aurora Cossio, Grazia Schiavo e Isabelle Adriani.
È proprio la Cossio ad intavolare un elogio al regista ed alla sua scelta di prediligere la spontaneità. Con questa impostazione, ispirandosi ad una sua amica cubana l’attrice di origine colombiana, ha interpretato Alma.
Ad aprire uno spaccato sull’umanità degli attori cubani è la Schiavo, che sul set è la svampita Barbara, eterna innamorata di Vittorio. L’attrice nel vestire i panni del personaggio, si è detta divertita e consapevole di avere accentuato una parte di sé, alquanto distratta e maldestra.
Per la dark lady, avvocato e investigatore privato interpretata dalla Adriani, l’ispirazione è giunta da un celebre cartone animato, a suo dire. Le tutine agguerrite di “Occhi di gatto” sono state la fonte a cui ha attinto l’attrice per la lavorazione. Ma l’incubo più volte ribadito dalla stessa “dopo la prova costume fatta a Roma”, è stata proprio l’essere inguainata in una tutina da catwoman ai 45 gradi all’ombra di Cuba.
Nota di merito degli addetti ai lavori, tra cui il regista Baldi è giunta esplicitamente per i tecnici originari di Cuba, presso cui sin dagli anni Settanta esiste la Scuola internazionale di cinema. “Sembrava di essere a Cinecittà” ha poi aggiunto Pannofino.
Luisa Bellissimo

17 aprile 2011

"Habemus papam". Il confine del senso d'inadeguatezza

Quando il senso umano non si nasconde sotto la veste talare papale, forse ci si accorge dei paradossi. Habemus papam per la regia di Nanni Moretti ricorda al mondo il senso di smarrimento. Quella profonda sensazione di perdita, anche di se stessi di fronte ad una responsabilità più grande.
La concretezza di una scelta, quasi obbligata o così percepita, genera un'attacco di panico, un urlo che lascia sorridere la platea, forse perchè surreale, ma solo in apparenza. 
La Chiesa che dialoga con il pubblico di Moretti, si ricorda ciò che manca al mondo. Per cercare se stessa si immerge nei viaggi metropolitani fatti di paure di abbandono, di discorsi a voce alta. L'umanità impermea sin dalle prime scene una storia già vissuta. Solo sei anni fa dal sagrato di San Pietro una bara di fattura semplice, una Bibbia sfogliata dal vento, aveva lasciato un segno.
Dal Conclave arriva la decisione sancita diadevota fumata bianca. Ma ciò che sembra stabilito da una gerarchia, da una procedura, da regole precise, viene sovvertito dal normale senso di inadeguatezza che prova, almeno una sola volta nella vita, ogni essere umano.
L'ironia pungente di Moretti lascia il passo alla sensazione forte di credere che senza una guida, l'umanità prova  un profondo senso di smarrimento. Il popolo cattolico raccolto nella fatidica piazza di San Pietro attende, spera e non si aspetta che dal balcone che ha dato benedizioni a molte generazioni, possa giungere una dura consapevolezza per alcuni, una profonda liberazione per uno solo.